Belgio, il documentario di Stig Broeckx sarà sottotitolato anche in inglese: “Miglioro sempre, ma è una maratona e io vorrei fosse uno sprint”

Stig Broeckx racconta il suo lento ritorno alla vita. L’ex corridore della Lotto Soudal era stato vittima di una terribile caduta al Giro del Belgio 2016, che l’aveva mandato in coma per sei mesi, con i medici che non vedevano per lui nessuna possibilità oltre a quella di una vita in stato vegetativo. Il suo incidente segnò molto l’opinione pubblica belga e internazionale, e tutti rimasero particolarmente e piacevolmente sorpresi quando il classe ’90 si risvegliò dal coma dopo sei mesi, tornando poi pian piano a parlare a camminare  e persino a salire di nuovo in bici.

A quattro anni di distanza dall’incidente, la sua storia è diventata un libro e un docu-film (ora disponibile anche con i sottotitoli in inglese, in modo da fargli raggiungere una platea internazionale), ma la sua riabilitazione non è ancora completa, soprattutto a causa della lunga inattività dei muscoli facciali nel periodo in cui è stato in coma, che gli causa ancora delle difficoltà a parlare. Tuttavia, Broeckx sembra avere un’attitudine sempre positiva nei confronti della vita: “Come ciclista ho sempre lavorato molto sui muscoli ovviamente – ha spiegato ai microfoni di Cyclingtips – ma non sapevo avessimo così tanti muscoli facciali. Ancora lavoro regolarmente con il logopedista, per imparare a muovere correttamente le labbra per formare le parole. Parlare e camminare sono ancora le cose più importanti su cui lavorare”.

Anche se le cose non vanno sempre come sperato, Broeckx sembra sempre ottimista nonostante tutto: “So che sto ancora migliorando, ma è una maratona e a volte io vorrei fosse uno sprint. A volte può essere frustrante, ma io cerco sempre di guardare il lato positivo. Quando mi sono svegliato dal como, ho fatto progressi come un bambino, a grandi passi. Ora invece miglioro a piccoli passi, ma anche i piccoli passi sono passi. Ogni giorno miglioro un po’. […] Sono stato fortunato che l’incidente sia avvenuto nel 2016 e non tre anni prima. La medicina ha fatto grandi progressi. Sono stato fortunato”.

Il belga, tra le altre cose, ha spiegato poi la decisione di raccontare la sua storia in un libro e in un docufilm: “Voglio motivare e ispirare gli altri guardando al mio percorso, motivo anche me stesso. Motivazione e ispirazione sono le ragioni che mi hanno portato a fare il documentario e a scrivere il libro. È bello sentire che molte alte persone lo trovino d’ispirazione ed è fantastico sapere che ora molta altra gente potrà vederlo”.

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